Àncora di salvezza per chi è a dieta o chi è diabetico o per chi è attento alla propria salute e non vuole esagerare con gli zuccheri raffinati ma neanche privarsi della delizia di un dolcetto o del caffè non amaro, i dolcificanti sono sempre nell’occhio del mirino.
In questo articolo vedremo:
- Il limite di assunzione dei dolcificanti
- I dolcificanti causano cancro?
- Come sono fatti strutturalmente, come fanno i dolcificanti a darci il senso di dolcezza anche se non hanno calorie?
- Effetti sul senso di sazietà e sul microbiota.
- Dolcificanti nelle bevande sportive
Per chi di noi ne fa uso avrà sicuramente notato lo sguardo di chi ci circonda quando mettiamo una goccia di dolcificante nel caffè o nel dolce, seguito dalla frase, “ma non lo sai che quelle sono sostanze artificiali e fanno male alla tua salute? (1)
Ma sarà vero o solo una fake news?
Prima di addentrarci nel capire cosa sia un dolcificante, quale la sua struttura e come fa a rendere dolci gli alimenti senza fornire calorie, ti rassicuro subito, i dolcificanti NON SONO TOSSICI.
Sul sito della Food and Drug Administration è scritto proprio: “Basandoci sulle evidenze scientifiche attuali, l’agenzia ha concluso che i dolcificanti sono sicuri per la popolazione in generale se usati correttamente, in certi limiti”
quali sono questi limiti?
Per facilità riporto una tabella traducendola proprio dal sito della FDA, in cui per ogni colonna troverai il tipo di dolcificante, il tipo di approvazione ricevuta, l’intensità della dolcezza rispetto allo zucchero. Perché, come sappiamo, il potere dolcificante di questi sostituti è molto più elevata del saccarosio (il comune zucchero da tavola). Bastano poche gocce o tavolette per avere un sapore anche centinaia di volte più dolce rispetto a quello generato dallo zucchero. Riporto quindi l’assunzione giornaliera accettata (ADI) giornaliera per chilogrammo di peso corporeo e infine in numero di bustine che si dovrebbero consumare per raggiungere l’ADI se si pesasse 60 kg.
Oltre a questi elencati vi sono altri dolcificanti che spesso ritroviamo nelle gomme da masticare, nelle caramelle o dolci a basso contenuto di zucchero, i polioli: xilitolo, mannitolo, eritrolo, maltitolo, la cui intenisità di dolcezza va dal 25 al 100% rispetto allo zucchero con quantitativo calorico inferiore allo zucchero stesso. Questa tipologia di zucchero è naturalmente presente in frutta e verdura. (1) (2)
Dando uno sguardo all’ultima colonna della tabella, si intuisce come sia difficile consumare quote così alte di dolcificanti in una giornata. C’è da dire però che per coloro che soffrono di fenilchetonuria, una malattia genetica che impedisce di metabolizzare la fenilalanina, dovrebbero evitare gli alimenti e le bevande contenenti aspartame, che contiene proprio la fenilalanina.
La sicurezza in relazione alle patologie è stata analizzata da una recente scoping review del 2017 (3) in cui si sono esaminati 420 studi tra reviews sistematiche, control trials randomizzati e non, studi di coorte, studi singoli ecc. Seppur alcuni studi inducano a pensare che i dolcificanti possano aumentare il rischio di diabete o cancro alle vie urinarie o aumentare il rischio di sintomi di depressione in soggetti già predisposti, si conclude dicendo che in generale nella popolazione sana i risultati ottenuti per il rischio di patologie come cancro, diabete, carie dentali, sono inconclusivi e dovrebbero essere ulteriormente indagati. C’è da dire che gli autori stessi riconoscono i limiti di questa pubblicazione perché avendo incluso moltissimi studi di natura differente è possibile che siano sfuggiti altri studi con forse rilevanza maggiore e non è stato possibile indagare la qualità degli studi scelti.
La rassicurazione per il rischio di insorgenza di cancro ci viene fornito anche dalla National Cancer Institute (NIH) (4), dalla Cancer Council (5) e, in particolare per l’aspartame, dalla American Cancer Society (6). Prima di essere messi sul mercato infatti, le sostanze vengono testate in laboratorio prima in studi animali e poi sull’uomo ed è proprio questa doppia analisi che a volte trae in inganno. Mi spiego meglio, si è ritenuto in passato che i dolcificanti fossero cancerogeni poiché ad esempio per la saccarina si è riscontrata l’insorgenza di tumori alla vescica nei ratti, ma il meccanismo che lo genera nell’uomo non esiste, infatti l’incidenza di tale tumore non è aumentato nei consumatori di tale dolcificante. Allo stesso modo, ampi studi hanno dimostrato che l’Aspartame non causa sviluppo di linfomi, leucemia, cancro al cervello come il Sucralosio non causa un aumento del cancro alle cellule del sangue.
Nella tabella sopra riportata manca in ciclammato, eppure è presente in diverse bibite a zero calorie che troviamo nei supermercati. Il ciclammato sodico è infatti vietato negli USA ma non in Europa, perché questa disparità? Il ciclammato è stato bandito nel 1969, quando studi su ratti hanno suggerito un possibile aumento del rischio di cancro alla vescica. Seppur studi successivi abbiano rivalutato il ciclammato e dichiarato come non carcinogeno, la FDA non l’ha riammesso per altri motivi non collegati al cancro. È stata fatta una petizione in America per approvare tale dolcificante.
Ora che abbiamo capito che l’uso dei dolcificanti non ci causano patologie vediamo come sono fatti,
per farci una idea della struttura dei dolcificanti ho riportato sotto una immagine. Sembra che tranne per il sucralosio, gli altri dolcificanti non abbiano nulla a che fare come struttura con il saccarosio, eppure similmente ad esso ci danno la sensazione di dolcezza. Come è possibile?
L’unica sostanza che non ha calorie è l’acqua e sostanzialmente essa non ha alcun sapore, anche i dolcificanti non hanno calorie ma hanno un sapore.
Il segreto sta nella capacità di queste molecole di legare gli stessi recettori dello zucchero. Immaginiamo i recettori come un portone, nel caso del sapore dolce, essi si trovano sulla lingua e sono formati da 2 ante (T1R2 E T1R3) ognuna delle quali con diverse toppe (siti di legame) per una chiave (la molecola in esame). Quando la molecola o l’associazione di molecole, arrivano sul recettore, legandosi a siti specifici lo attivano. È come se riuscissero ad aprire il portone, innescando una serie di eventi, di “impulsi” che arrivano a diverse aree del cervello facendoci percepire la dolcezza, la sua intensità. Quando le ante del portone sono un po’ diverse dal normale, ossia quando ci sono varianti genetiche del recettore, si può avvertire diversamente la sensazione del dolce. Per esempio l’uomo avverte l’aspartame come sostanza dolce, ma i ratti no, o ancora una variante del recettore spiega come mai alcune persone avvertono la saccarina come amara e non dolce.
È interessante notare che questi recettori sono presenti anche sulle cellule del tratto gastrointestinale dove potrebbero contribuire alla sensazione della presenza di zucchero, al rilascio dell’ormone della sazietà, all’espressione di trasportatori del glucosio. Così come sono presenti nel pancreas e quindi probabilmente coinvolti con il rilascio di insulina; nel tessuto adiposo in relazione al rilascio di leptina e nel cervello. (7) (8)
A differenza del glucosio e del fruttosio, i dolcificanti non riducono la mobilità gastrica e non influiscono su rilascio di grelina, colecistochinina e incretina, tutti ormoni coinvolti con il senso di sazietà. Il fatto che i dolcificanti non abbiano effetto sul senso di sazietà rispetto agli zuccheri con calorie, indurrebbe a pensare che il loro consumo induca a mangiare di più andando incontro più facilmente al sovrappeso ed obesità. (9) (10).
Non si può però dire che se non si è sazi o si avverta fame automaticamente si vada in contro ad un aumento di peso per meccanismi compensatori. Questo si potrebbe infatti verificare anche se stessimo semplicemente a dieta ipocalorica senza uso di dolcificanti.
Infatti meta analisi e studi randomizzati (RTC) hanno confermato che l’uso dei dolcificanti come sostituti dello zucchero nella alimentazione possono aiutare nel mantenimento e nel controllo del peso, in alcuni casi il potersi concedere un dolce a calorie più basse quando si segue una dieta dimagrante può incentivare a seguire meglio l’alimentazione stessa. (11) (12)
È noto che alcuni dolcificanti di origine naturale, quali il maltosio, il lactitolo, abbiano una funzione prebiotica, sono cioè il nutrimento dei nostri batteri intestinali, favorendo la loro attività. Seppur alcuni studi abbiano sottolineato che i dolcificanti di sintesi possano indurre una intolleranza al glucosio, non si capisce bene con quale meccanismo essa possa avvenire, anche perché essi, in special modo l’aspartame, sono metabolizzati nel piccolo intestino non arrivando a contatto con la flora batterica. È da notare che molti degli studi sono condotti su modelli murini e non sull’uomo e la risposta potrebbe dipendere dalla composizione del microbiota individuale (13). Un recente studio ha invece cercato di capire come cambiano le popolazioni microbiche nei maiali, che hanno una flora batterica intestinale simile alla nostra, dopo l’ingestione di acqua dolcificata e non per 28 giorni. È stato visto un aumento della popolazione dei lattobacilli. Questi sono microrganismi benefici, promuovono infatti il benessere dell’intestino stimolando la maturazione del sistema immunitario nell’intestino e migliorando le funzioni di barriera, riducono la risposta infiammatoria e proteggono da invasori patogeni. (14)
Se questo si verificasse anche nell’uomo ci sarebbe un buon motivo in più per assumere con moderazione i dolcificanti non solo naturali ma anche di sintesi.
Oltre ad essere usato nelle preparazioni dolciarie o nelle bevande a zero calorie, i dolcificanti sono spesso aggiunti alle bevande energetiche usate nello sport.
Spesso vediamo atleti di endurance come maratoneti i ciclisti sciacquarsi la bocca bevendo da una borraccia e poi sputare, una cosa che fa un po’ schifo e di cui non capivo il senso e invece nulla è dato al caso. È stato infatti visto che sciacquarsi la bocca con una soluzione contenente zucchero sia in grado di ridurre il senso di fatica con la stimolazione delle aree cerebrali coinvolte con il meccanismo di ricompensa e con il conseguente miglioramento del controllo motorio. La sensazione del dolce innesca sistemi motivazionali. Un gruppo di ricercatori si è quindi chiesto se fosse la sensazione di dolce in sè per sé a dare questo risultato o se la presenza di zuccheri con calorie fosse importante. Per questa ragione, durante una corsa di 12,8 km, è stato somministrato, ad intervalli regolari, una delle seguenti soluzioni:
-Acqua
-Acqua con saccarosio
-Acqua Con sucralosio (con intensità di dolcezza pari al saccarosio)
-Acqua con Sucralosio (Con intensità di dolcezza 100 volte maggiore al saccarosio).
Gli atleti si sono sciacquati la bocca 8 volte con una di queste soluzioni per 5 secondi per poi sputarla senza ingerirla. Il test è stato ripetuto 4 volte.
I risultati?
Seppur il senso di fatica percepito sia ridotto con ognuna delle soluzioni dolci rispetto all’acqua, solo la soluzione contenente lo zucchero da cucina ha migliorato la performance atletica in modo significativo rispetto all’acqua con un aumento della velocità del 4,5% rispetto ad esso. Quindi il sapore dolce non è sufficiente, perché vi sia un reale miglioramento della prestazione è necessario che la soluzione contenga calorie seppur non venga ingoiata (15). Inoltre sembra che l’assunzione di soluzioni con l’associazione tra maltodestrine, saccarosio ed aspartame che si può riscontrare nelle bevande energetiche possano ridurre i livelli di insulina dopo 30 minuti dall’inizio di un’attività aerobica rispetto alla associazione tra maltodestrine e saccarosio, anche se non sembra vi siano conseguenti effetti sulla glicemia (16).
IN CONCLUSIONE
Da quanto descritto abbiamo capito che l’uso dei dolcificanti non è da demonizzare, ma anzi l’assunzione consapevole e controllata è sicura.
Con consumo consapevole e controllato intendo dire che sarebbe sempre bene limitare i dolcificanti per fare in modo che si ci abitui al gusto naturali degli alimenti, abbassando un po’ quella che è l’asticella personale del senso di dolcezza.
Questo ci consentirà non solo di assaporare i cibi per il loro sapore naturale ma anche poi di tenerci a distanza dalla eventualità, ancora in fase di studio, che i dolcificanti possano alterare la risposta metabolica del nostro organismo.
Inoltre il consumo di alimenti dietetici in cui gli zuccheri sono sostituiti, non giustifica poi a mangiare di più in un secondo momento “tanto lo sputino era a calorie molto basse”. L’effetto infatti del dimagrimento come sappiamo si ottiene solo se le calorie introdotte sono sotto il fabbisogno. Se però sono usati in modo intelligente magari per concedersi un dolce in un regime alimentare controllato, ben venga l’uso dei dolcificanti.
Riferimenti
1. FDA – High-Intensity Sweeteners. https://www.fda.gov/food/ingredientspackaginglabeling/foodadditivesingredients/ucm397716.htm. [Online]
2. FDA – Additional Information about High-Intensity Sweeteners Permitted for Use in Food in the United States. https://www.fda.gov/Food/IngredientsPackagingLabeling/FoodAdditivesIngredients/ucm397725.htm. [Online]
3. Health outcomes of non-nutritive sweeteners: analysis of the research landscape. Lohner S., Toews I., Meerpohl J.J. s.l. : Nutr. J., 2017, Vol. 16(1):55.
4. NIH – Artificial Sweeteners and Cancer. https://www.cancer.gov/about-cancer/causes-prevention/risk/diet/artificial-sweeteners-fact-sheet. [Online]
5. Cancer Council – Artificial sweeteners do not increase cancer risk. https://www.cancercouncil.com.au/86047/cancer-information/general-information-cancer-information/cancer-questions-myths/food-and-drink/artificial-sweeteners-. [Online]
6. American Cancer Society – Aspartame. https://www.cancer.org/cancer/cancer-causes/aspartame.html 1/. [Online]
7. Sweeteners and sweetness enhancers. Belloir C., Neiers F., Briand L. s.l. : Curr Opin Clin Nutr Metab Care., 2017, Vol. 20(4):279-285.
8. Mechanisms for Sweetness. Fernstrom J.D., Munger S.D., Sclafani A., et al. s.l. : J Nutr., 2012, Vol. 142(6):1134S-41S.
9. Effects of carbohydrate sugars and artificial sweeteners on appetite and the secretion of gastrointestinal satiety peptides . Steinert R.E., Frey F., Töpfer A., et al. s.l. : Br J Nutr. , 2011, Vol. 105(9):1320-8.
10. Effects of caloric and noncaloric sweeteners on antroduodenal motility, gastrointestinal hormone secretion and appetite-related sensations in healthy subjects. Meyer-Gerspach A.C., Biesiekierski J.R., Deloose E., et al. s.l. : Am J Clin Nutr, 2018, Vol. 107(5):707-716.
11. Intense sweeteners, energy intake and the control of body weight. Bellisle F., Drewnowski A. s.l. : Eur J Clin Nutr. , 2007, Vol. 61(6):691-700.
12. Low-calorie sweeteners and body weight and composition: a meta-analysis of randomized controlled trials and prospective cohort studies. Miller P.E., Perez V. s.l. : Am J Clin Nutr, 2014, Vol. 100(3):765-77.
13. Artificial sweeteners induce glucose intolerance by altering the gut microbiota. Suez J, Korem T, Zeevi D, et al. doi: 10.1038/nature13793., s.l. : Nature, 2014, Vol. Oct 9;514(7521):181-6.
14. Low calorie sweeteners and gut microbiota. Daly K., Darby A.C., Shirazi-Beechey S.P. s.l. : Physiology & Behavior, 2016, Vol. Volume 164, Part B, pages 494-500.
15. Running Performance with Nutritive and Non-Nutritive Sweetened Mouth Rinses. Hawkins K.R., Krishnan S., Ringos L., Garcia V., Cooper J.A. s.l. : Int J Sports Physiol Perform, 2017, Vol. 12(8):1105-1110.
16. Aspartame in conjunction with carbohydrate reduces insulin levels during endurance exercise. Siegler J., Howell K., Vince R., et al. s.l. : J Int Soc Sports Nutr. , 2012, Vol. 9(1):36.