Indice glicemico e dintorni
Spesso si ci chiede quale fonte di carboidrati sia la migliore, ed in maniera istintiva si tende ad eliminare la pasta o il pane o il riso dalla propria alimentazione perché ritenuto meno salutare o peggiore di un altro, vediamo se ha senso l’esclusione di una di queste forme di carboidrati partendo dal capire come sono composti.
Riso
Cereale coltivato in risaie, viene raccolto a maturazione e lasciato essiccare. Il tempo di conservazione può rendere il chicco più resistente alla cottura e allo “spappolamento”, ulteriori lavorazioni come la “sbramatura” e lo “sbiancamento” consentono di ottenere un chicco bianco immacolato, “brillato”. Più è intensa la lavorazione, maggiore sarà la perdita di elementi nutritivi, primi fra tutti la fibra.
La classificazione del riso è fatta solitamente in base alla forma del chicco, ma si sente più spesso parlare di riso bianco, scuro e selvaggio
Il riso bianco à Può essere a chicco lungo oppure corto. Il riso a chicco corto è solitamente più ricco di amido, la qual cosa lo rende più “colloso” e quindi utile per sushi o risotti. Quelli a chicco lungo invece, come il basmati o lo jasmine, contenendo meno amido resta separato dopo la cottura, si può usare quindi per le insalate di riso.
Contiene circa il 90% di carboidrati, l’8% di proteine e il 2% di grassi. Ed è una buona fonte di magnesio, fosforo, manganese, selenio, ferro, acido folico, tiamina e niacina, seppur in misura inferiore rispetto alla controparte scura.
Il Riso Scuro à anch’esso può essere a chicco lungo o corto. Risulta più duro alla masticazione e richiede tempi di cottura anche doppi del riso bianco. Contiene meno amido ma 4 volte in più di fibra, il che abbassa l’indice glicemico dell’alimento. (vedremo dopo di cosa si tratta)
Contiene circa l’85% di carboidrati, l’8% di proteine e 7% di grassi. La presenza di minerali, soprattutto magnesio è maggiore rispetto al riso bianco, e ricco in sostanze antiossidanti che proteggono contro malattie croniche come cancro, diabete tipo 2 e patologie cardiovascolari.
Riso Selvaggio à Il riso selvaggio è ancor più nutriente di quello scuro in quanto contiene più proteine, vitamina A ed acido folico. Ha minore contenuto in amido e maggiore contenuto in acidi grassi omega-3.
Tutte le tipologie di riso sono adatte a chi soffre di celiachia per l’assenza della proteina gliadina, non consentendo così la formazione del glutine
la pasta e il pane
Li possiamo accomunare perché la loro produzione avviene a partire dalla farina ottenuta dal grano e necessitano di pochi, pochissimi ingredienti per la loro realizzazione. Non considerando il pane di tipo industriale che può contenere tantissimi ingredienti, quello che troviamo nei forni richiede solo acqua, farina, sale e lievito. Con gli stessi ingredienti, escludendo il lievito, si realizza la pasta.
Ovviamente così come detto per il riso, anche in questo caso l’uso di farine meno raffinate consente di mantenere nel prodotto finale un maggior numero di microelementi.
Pur richiedendo così poco, pane e pasta si caratterizzano per sapori e consistenze diverse a seconda “della mano che li fa”, questo dipende in primo luogo dalle caratteristiche della farina scelta, quindi dalla composizione delle proteine, enzimi, polisaccaridi amidacei e non amidacei.
Ma dipende anche dalle fasi di lavorazione: il tempo di asciugatura della pasta, il tempo e il metodo di cottura, il tempo di lievitazione per il pane e dal tipo di lieviti usati. La lievitazione con lieviti naturali, invece dell’uso di lievito industriale, aumenta il contenuto di folati del pane e potrebbe essere utile nel ridurre la presenza di fitati.
Pane e pasta sono quindi accomunati dall’elemento base, farina proveniente da grano duro, e si differenziano poiché il primo è un alimento idratato, il secondo invece è lasciato essiccare. In entrambi i casi la presenza delle proteine gliadine e glutenine permette, a contatto con l’acqua, la formazione del glutine, in grado di assorbire il 200% di acqua rispetto al proprio peso. Le glutenine sono quelle responsabili della tenacità dell’impasto, le gliadine dell’elasticità ma anche maggiormente responsabili della risposta immunitaria nei soggetti celiaci.
Macro/micronutrienti a confronto
Possiamo quindi adesso confrontare il contenuto in macro e micronutrienti di pasta, pane e riso facendo riferimento alle tabelle fornite dal database della composizione degli alimenti del dipartimento di Agricoltura statunitense
Come puoi notare, tutti e 3 i prodotti sono fonte di vitamine e minerali, non differiscono molto per il contenuto in proteine, grassi e carboidrati. Ovviamente i valori possono cambiare a seconda della farina utilizzata e dal riso preso in considerazione.
Ma se sono simili in composizione, perché scegliere l’uno o l’altro??
La risposta che si ci sente dire è … per l’indice glicemico.
Indice glicemico e carico glicemico
Il concetto di indice glicemico (IG) è nato negli anni ’80 per classificare gli alimenti in base alla capacità di innalzamento della glicemia dopo averne mangiato una quantità tale che contenesse 50 gr di carboidrati. Il risultato ottenuto è poi messo a confronto con l’assunzione di 50 gr di carboidrati provenienti da un alimento di riferimento, lo zucchero o il pane.
Così sono stati classificati gli alimenti con
- alto IG (>70),
- medio IG (55-70),
- basso IG (<55).
In realtà l’indice glicemico non ci dice nulla, è un parametro che non tiene in conto delle quantità di alimento effettivamente ingerite, nasce quindi il Carico glicemico (CG). Per capirlo facciamo un esempio semplice, l’anguria. Essa ha un alto IG (103 in relazione al pane) quindi subito penseremmo che fa innalzare la glicemia alle stelle mangiandolo. Si ma quanto ne mangiamo? Abbiamo detto che IG è relativo alla quantità di alimento contenente 50 gr di carboidrati, bene 100gr di anguria contiene 5 gr di carboidrati, dovremmo quindi mangiare 1kg di anguria per ingerire 50g di carboidrati.
Capiamo così che il carico glicemico è un parametro collegato alla quantità di alimenti ingerita che dipende anche dal indice glicemico infatti
CG = IG x carboidrati disponibili nella porzione assunta (gr) /100
Si possono così classificare gli alimenti in
- CG alto (>20)
- CG intermedio (10-20)
- CG basso(<10)
Sembra quindi tutto lineare e capiamo ora anche che alimenti ad alto IG, in piccole quantità hanno bassi CG, così il CG di alimenti a basso IG dipende dalla porzione mangiata.
Volendo prendere in considerazione 100 gr di pasta, pane o riso calcoliamone il CG. Per la quantità di carboidrati vediamo la tabella sopra, per il valore di IG ci riferiamo alla tabella internazionale del 2002.
Risulta quindi che i tre alimenti abbiano un CG molto simile tra loro e la scelta potrebbe ricadere sull’uno o sull’altro in modo indiscriminato.
Tanto più perché il discorso in realtà è anche più complesso, infatti:
- Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la glicemia nel sangue non sale in modo proporzionale al alla quantità di alimento ingerito: ingerendo una quantità 6 volte superiore di pane, il valore della glicemia aumenta di 3 volte (e non 6 come ci aspetteremmo)
- L’indice glicemico è influenzato da tanti fattori, come la composizione dell’amido e le sue proprietà (rapporto amilosio/amilopectina, grado di gelatinizzazione, retrogradazione), il contenuto in fibre, il contenuto in proteine e di grassi del pasto. Per capire la complessità della situazione, il calcolo dell’IG di 13 colazioni contenenti 50 gr di carboidrati da tabelle di riferimento, non corrisponde poi all’effettivo IG misurato, reale.
E l’insulina?
Un altro tassello da considerare è l’insulina, l’ormone che viene rilasciato dal pancreas dopo un pasto contenente zuccheri proprio per “segnalare” all’organismo che la glicemia (cioè lo zucchero nel sangue) si è innalzata ed in qualche modo dovrà utilizzare quegli zuccheri ingeriti.
Una alterazione del rilascio di insulina e della sua azione può infatti nel tempo portare ad insulino-resistenza, fino al diabete.
Non solo l’alto contenuto in carboidrati del pasto aumenta il rilascio di insulina, ma anche alimenti ricchi in proteine o l’aggiunta ad un pasto ricco in carboidrati di alimenti proteici, aumentano il rilascio di insulina seppur la glicemia resti bassa.
Il rilascio dell’ormone dipende quindi dalla composizione del pasto, dalla presenza di fruttosio, acidi grassi, aminoacidi, ma anche dagli ormoni gastrointestinali, dal glucagone, dalla colecistochinina.
Uno studio ha confrontato la risposta insulinica dell’organismo all’ingestione di 38 alimenti, la quantità è stata regolata in modo che avessero le stesse kcal. È stato assegnato poi un punteggio confrontando il rilascio di insulina al consumo di pane bianco come riferimento. È stato cioè calcolato l’Indice insulinico.
Il risultato è che:
- patate e pane sono tra gli alimenti più insulinemici (innalzano maggiormente l’insulina) così come alimenti raffinati industriali;
- la pasta e il porridge di avena risultano avere una risposta insulinica minore nonostante l’elevato contenuto di carboidrati.
- Alimenti con simile contenuto in carboidrati come porridge, yogurt, pane integrale e fagioli cotti, danno una diversa risposta insulinica.
- Quello che può meravigliare di più è che alimenti ricchi in proteine e grassi (uova, manzo, pesce, formaggio) aumentano l’insulina al pari di alcuni alimenti ricchi in carboidrati (ad esempio il manzo da una risposta simile al riso scuro e il pesce al pane).
Quindi più che l’indice o il carico glicemico potrebbe avere importanza capire come varia l’insulina in risposta al pasto, anche se non è facile determinarlo poichè ogni pasto è la somma di più alimenti e condimenti e il tutto è regolato sempre anche da altri ormoni prodotti dall’organismo.
Concludendo
- Abbiamo quindi capito che la scelta di pasta pane o riso è indifferente da un punto di vista di macronutrienti e carico glicemico.
- La scelta può essere quindi indirizzata verso l’alimento più o meno raffinato soprattutto per il contenuto in microelementi e fibra, che vengono persi quanto maggiore è la lavorazione.
- Il pasto va visto nel suo insieme, difficilmente si mangia pasta o riso sconditi, se il timore è quello di incrementare aumentare la glicemia e soprattutto l’insulina, bisogna tener conto di tutte le variabili sopra descritte.
- Come sempre non c’è un alimento migliore o uno peggiore, tutto va contestualizzato.
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